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Lo slancio della vita, l’urgere dell’inconscio, il grido dell’irrazionale sono le uniche sole verità che si debbano desiderare. Tutto ciò che si oppone al desiderio deve essere distrutto senza remissione e cacciato nei freddi scantinati dell’oblio. Rifiutare tutto questo equivale a negare noi stessi, i nostri valori primordiali e ogni anelito alla libertà di cui ogni uomo ha assoluto diritto e bisogno per vivere con gli altri e per gli altri nel segno dell’amore e del rispetto.

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Non si può auspicare una politica basata direttamente sulla morale di alcuni individui. Lo scopo dell’etica pubblica è, appunto, quello di costruire un ponte tra etica e politica. La morale impegna “solo” la coscienza mentre la politica può avereconseguenze coercitive. In questa ottica, l’etica pubblica funge da mediazione tra i due livelli perché trasforma progressivamente i valori individuali dei singoli in valori comuni di cittadinanza.

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La sfiducia nello Stato è premessa e conseguenza di un approccio che rovescia lo spirito di patria in localismo e la solidarietà in spontaneismo filantropico. Mancando il collante della religiosità popolare, si propone un modello dove, grazie alla secolarizzazione, i diritti individuali si intrecciano facilmente con le convenienze e gli egoismi personali. La stessa legislazione è sempre più condizionata da ciò che l’io individuale reclama, mentre le esigenze delle famiglie e delle comunità intermedie fanno solamente da orpello casuale.

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L’uomo soffre e alza il suo lamento, non sotto un cielo vuoto, non fra oggetti enigmatici e ostili, non fra le minacce di segni indecifrabili: al centro del mondo fisico il suo dramma è il dramma di questo mondo, ordinato a rispondere punto per punto alla sua esperienza, al suo dolore, come alla sua gioia, al suo equilibrio come alla sua disarmonia. E proprio quello sfondo di assoluto che dà luce a ogni suo gesto, a ogni sua parola, lo proietta su uno schermo illuminato di immenso.

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